Said e la principessa

C’era una volta Giada, una principessa che abitava in un castello con suo padre Cornelius.
Un giorno la principessa andò al mercato a comprare la verdura e ad una bancarella incontrò un ragazzo bello ma povero.

Giada, quando vide il ragazzo, si innamorò subito.

Il ragazzo si chiamava Said e anche lui si innamorò della principessa.

Giada tornò al castello e il ragazzo la seguì per vedere dove abitava.

Il giorno dopo Said si intrufolò nel castello e iniziò a cercare la stanza della principessa.

Nel corridoio incontrò delle guardie e le neutralizzò facendo cadere il lampadario e le guardie si trasformarono in fantasmi.

Il Re sentì dei rumori, andò a vedere cosa fosse successo

I fantasmi, il Re e Said cominciarono a combattere: i fantasmi volevano uccidere il Re e Said per impossessarsi del castello. Said, però riuscì a sconfiggerli tramite una spada magica che aveva ricevuto in dono da suo nonno.

Allora il Re decise che Said avrebbe potuto sposare sua figlia.

Vittoria – 11 anni (Pistoia)

Amicizia…

Era una fredda giornata invernale, e Spring, un giovane delfino che abitava tutto solo, era appena uscito di casa per dirigersi alla ricerca del tesoro perduto, ambito da tutti i delfini.

Le correnti erano così violente che lo trasportarono molto lontano. Dopo un pò stremato, si trovò davanti un’altro delfino, di nome Summer.

Questi due delfini, dopo le presentazioni, capirono che stavano cercando entrambi lo stesso tesoro. Summer era una delfina molto paurosa, quindi decisero di avventurarsi insieme per condividere questo tesoro.

Dopo settimane di insidie tra gli abissi non riuscirono a trovare il tesoro, i due delfini si erano abbattuti vista la stanchezza però capirono che il tesoro non lo avrebbero mai trovato ma tra loro era nata una bellissima amicizia che era molto più soddisfacente di un inutile tesoro.

Quindi i due delfini decisero di tornare a casa e da quel momento iniziò la loro amicizia.

Silvia – 17 anni (Livorno) e Vittoria – 11 anni (Pistoia)

ABBI CURA DI SPLENDERE! EMMA ED UN MONDO DI COLORI

Premessa

Questa favola è nata da uno spunto che mi ha dato mia nipote Emma e che ho voluto rielaborare riadattandola alla “condizione” vissuta da persona etichettata come “diversamente abile”. La dedico a mio figlio Kevin e a tutti i ragazzi speciali come Lui che ho conosciuto, che sono diventati parte della mia “normale quotidianità” e senza i quali la mia vita sarebbe sicuramente vuota ed insignificante. Nella diversità risiede la nostra ricchezza, il nostro tesoro perciò, con tutto il mio affetto, anche Tu….. ABBI CURA DI SPLENDERE!

EMMA ED UN MONDO DI COLORI

Ciao mi chiamo Emma, ho 11 anni e sono una bambina allegra, molto intraprendente, determinata, caparbia e curiosa e qualche tempo fa ho vissuto un’avventura fantastica che Vi voglio raccontare. Non ricordo come sia potuto succedere, ma è accaduto.

Ero nella mia stanza, stavo dormendo e ad un tratto sentii qualcosa che mi toccava la gamba: era una zampa. All’inizio pensai fosse il mio cane e d’istinto l’accarezzai pensando che così facendo se ne sarebbe andato da lì a poco ed io avrei potuto tornarmene tra le braccia di Morfeo. Ma non fu così: la zampetta non smetteva di muoversi ed insistentemente, a modo Suo, di chiamarmi, così ancora mezza addormentata, aprii gli occhi e…. Sbigottita ed incredula cercai di strofinarmeli più di una volta per mettere bene a fuoco l’immagine che avevo davanti…. no non poteva essere vero…. un unicorno!

Aveva il corpo di un cavallo dal manto variopinto ed una testa equina ma con quel grosso corno sul cranio assomigliava ad un genere estinto di rinoceronte o ad un mammut in miniatura. Come un cavallo aveva una lunga criniera, una piccolissima barba da capretta, una grossa coda leonina e delle zampe pelose. Per qualche istante rimasi ferma immobile poi, incuriosita da questa strana presenza, lo guardai e m’intenerii. Aveva uno sguardo spaventato ma dolce, forse un pò perso.

Iniziai ad accarezzarlo ed a rassicurarlo. Dopo molti minuti di coccole e paroline appena sussurrate piano all’orecchio, mi resi conto che l’unicorno si era tranquillizzato. Così ne approfittai ed iniziai a fargli qualche domanda: come Ti chiami? Da dove vieni? che ci fai qui nella mia cameretta? L’unicorno si chiamava Onchao, era venuto da un luogo lontanissimo chiamato White City per chiedermi aiuto. Mi spiegò che in quella città tutto era uguale e di colore bianco: le case, le strade, le auto; il sole era sempre pallido, le nuvole bianche, grigie o dello stesso colore del cielo, un tristissimo grigio chiarissimo.

Perfino le persone erano tutte uguali e riconoscibili solo da un numero che portavano stampato sulle magliette, naturalmente di colore bianco. In questo luogo regnava una Regina cattiva e vigeva una legge per la quale le persone che non erano uguali od indossavano magliette di altri colori venivano rinchiusi in recinti: queste non erano molte rispetto al totale della popolazione, direi piuttosto rare, considerate addirittura “fuori dalla normalità”, erano in tutto e per tutto diverse dagli altri e diverse pure tra di loro. Apparivano più minuti ed esili, più fragili ma, a differenza degli altri, avevano una grade caparbietà ed una sensibilità che li contraddistingueva.

La regina era attorniata dai Suoi guardiani: erano draghi sputa fuoco, pipistrelli dai grandi occhi e dagli artigli affilati che tagliavano come coltelli, licantropi enormi, zombie mostruosi e molte altre creature spaventose che avevano il compito di far sì che le persone colorate non si avvicinassero alle altre in maniera da non poterle contagiare con tutto quel colore.

Onchao mi pregò di aiutarlo per liberare la città da quel biancore squallido, da quella finta normalità, monotona e triste, dove regnava tanta paura, odio e cattiveria. Non potei dire di no alla Sua disperata richiesta e, sebbene capii che non sarebbe stata comunque un’impresa facile, non mi persi d’animo. In sella ad Onchao partimmo per raggiungere White City. Arrivati in quel mondo surreale ci nascondemmo nella periferia della città dove lì incontrai gli amici colorati di Onchao: fate, elfi e gnomi gentili, pronti a darci una mano per liberare le persone prigioniere nel recinto.

Pensammo e decidemmo insieme un piano per andare dalla strega e tendere una trappola a Lei e ai Suoi guardiani: mi sarei vestita con un abito dai svariati colori come Arlecchino così sarei stata l’esca perfetta. Convincemmo il sole, le nuvole ed il cielo a darci una mano e a collaborare: pure loro erano stanchi di questa situazione ed accettarono la sfida. Il sole non vedeva l’ora di colorarsi e di splendere come una palla di fuoco dalle sfumature del giallo, arancione e rosso; le nuvole di divenire un susseguirsi di tonalità dal bianco, all’avorio fino all’azzurro del mare ed il cielo di tingersi dei colori dell’acquamarina, dell’avio, del cobalto fino all’intenso indaco.

Detto fatto, con il mio vestito colorato attirai la Regina ed i guardiani ed iniziai a correre per farmi inseguire mentre tutti gli abitanti furono scortati dagli amici di Onchao nella piazza della città. In un attimo le nuvole si caricarono dei pioggia, il sole chiamò l’arcobaleno e l’acqua, che scese copiosa passando attraverso i colori dell’arcobaleno, colorò di tutti i colori i giardini, i fiori, la piazza, gli abitanti e l’intera città.
La regina ed i suoi guardiani tentarono di fuggire mentre gli abitanti si guardavano l’un l’altro ed erano gioiosi e felici del cambiamento perché si sentivano unici pur avendo caratteristiche cromatiche differenti.

Ci fu una rivolta pacifica e la Regina con i guardiani furono mandati in esilio. Per celebrare la vittoria organizzammo una grande festa che durò per giorni. Fiori, colori, profumi, banchetti e danze padroneggiarono per un’intera settimana ed io diventai la Regina di quel nuovo e fantastico mondo un tempo invaso da cattiveria e da un bianco squallore.

La nostra tenacia e caparbietà avevano avuto il sopravvento e nulla avrebbe mai più stravolto White City che sarebbe stata per sempre un luogo meraviglioso dai mille colori, il mio mondo ideale, quello che ho sempre sognato dove vivono persone diverse tra loro per etnie, età, capacità, cultura ma dove queste diversità rappresentano la vera ricchezza, un patrimonio, un tesoro inestimabile, dove nessuno deve MAI DIMENTICARSI DI SPLENDERE!

Emma – 11 anni con zia (Novara)

L’Associazione Nazionale Sindrome di Noonan e RASopatie ODV alla cerimonia di apertura della LEM: “LaEnegoMarcesina Special Edition 2019”

Maria Gloria, Amore alla Vita

Sono Nico Di Tella, il papà di Maria Gloria.

Si può scrivere di una storia un lungo libro per descriverla, oppure si può stringere in poche righe.Ognuno leggerà poi di questa storia le sole parole che già risuonano dentro la propria anima, e solo quelle rimarranno, ma non già più come “parole”, ma come sensazioni, immagini, odori, suoni … fotogrammi ora della propria vita.

Ed è ora così, a fotogrammi, che rivedo la nostra vita insieme a Maria Gloria, in questo momento che riesco a fermare il vortice della giornata, per raccontare brevemente come mi è stato richiesto, qualcosa di lei e di noi genitori e famiglia, per dare qualche segno di speranza a chi ci sta’ entrando ora in questa nuvola incomprensibile che ti disorienta e che sconvolge le piccole e grandi certezze che avevi della vita.

Con Catia, nei primi mesi del 1998, avevamo già tre figli, Simone, Maria Serena e il piccolo Davide.La notizia dell’arrivo del quarto figlio ci riempì di gioia, conoscendo la vivacità e il bel rapporto che già gli altri tre avevano.Decidemmo con Catia di andare tutti insieme una sera a cena al ristorante Cinese, per dare a loro la notizia e festeggiare.

Furono subito felicissimi della notizia, sorpresi e incuriositi, e già fantasticando su come organizzare l’arrivo del nuovo bambolotto, maschio o femmina che fosse stato.Noi pensavamo che sarebbe stata una femminuccia, ma era ancora presto per avere la conferma.

Solo Davide, il più piccolo, era un po’ più pensieroso, aveva cinque anni e forse già intuiva una concorrenza sulle attenzioni che si sarebbero spostate da lui, alla nuova arrivata.Ad un certo punto borbottò: ma a che ora arriva sta’ sorellina??? Lo tranquillizzammo che ci voleva ancora del tempo.

Nei mesi successivi ci confermarono che era una bambina, ma rispetto alle altre gravidanze Catia si accorgeva che qualcosa non andava bene, finché dopo alcuni controlli ci dissero che eravamo in presenza di un polidramnios, un eccesso di liquido amniotico, e che bisognava tenere la situazione sotto controllo.In una visita dal Ginecologo notammo un certo nervosismo da parte del medico, fino ad ora ci aveva seguito professionalmente per ognuno dei nostri tre figli fino alla loro nascita.

Con aria preoccupata e decisa ci disse di pensare seriamente ad un aborto terapeutico, la bambina secondo quanto poteva capire lui e con gli elementi che aveva, sarebbe nata con seri problemi.Un gelido colpo al cuore ci colpì e in risposta ai nostri sguardi smarriti e ad un no deciso di tutti e due, ci disse che lui non poteva più aiutarci e se volevamo continuare la gravidanza dovevamo cercare un altro medico.

Lasciandolo lo ringraziammo per la sua sincerità e per quanto aveva fatto per noi fino ad ora.

Nelle tormentate ore successive e nei giorni che vennero eravamo attenti l’uno all’altra, a non dire parole sbagliate, a non farci cogliere nello sconforto, ma poi finivamo spesso in lunghi dolorosi abbracci …

Non avevamo dubbi che avremmo affrontato tutto con l’aiuto di Dio, con il contributo degli altri tre figli e con il coinvolgimento delle nostre famiglie.La affidammo spiritualmente alla Mamma del cielo chiamandola Maria Gloria e fu così che Maria Gloria arrivò, con un mese di anticipo nel caldo di Agosto del 1998, la notte stessa ci furono problemi di respirazione, terapia intensiva, poi lunghi giorni e mesi di ricoveri in vari ospedali.

Dopo pochi mesi con problemi di alimentazione dovemmo intraprendere la nutrizione enterale con sondino naso gastrico, ricoverati al Bambin Gesù.Un genitore con la bambina, l’altro nei corridoi o nel parcheggio del Gianicolo per darci il cambio per mangiare, riposare ecc. …

I giorni diventarono mesi, gli altri tre figli con i nonni o gli zii …

In questo momento della vita la famiglia era questo, Maria Gloria ci aveva scelti come genitori e come famiglia dovevamo tirarla fuori da questa prova, ed eravamo pronti a tutto.Qualche volta su nostra richiesta il medico ci diede il permesso di andare a casa per il sabato e la domenica, con la famiglia riunita eravamo felicissimi e riprendevamo speranza.

Chiesi al medico se potevo imparare a sostituire e gestire personalmente il sondino naso gastrico ed imparai.Imparai non solo la tecnica e la cura per non fare danni, ma soprattutto imparai a farlo guardando negli occhi Maria Gloria, sapendo di procurargli un po’ di momentaneo dolore ma poi delle piccole gocce di vita.

Intanto andava a rotoli il mio lavoro, quello di Katia, i mesi passavano.Vendemmo il nostro negozio di elettroforniture, non sapevamo se la situazione si potesse sbloccare in qualche modo, subentrarono problemi al cuore, agli occhi… Altri bambini ricoverati con noi dovevano mettere il sondino dalla pancia, qualcuno partì prima del previsto…

Girando nei reparti del Bambino Gesù, oltre che scoprire situazioni ancora più difficili della nostra, vedevo delle nuove macchine per l’enterale, molto più piccole delle prime, eravamo ormai così da un anno e mezzo.Chiesi alla dottoressa una cosa strampalata, un permesso speciale, visto che avevo imparato a gestire da solo la macchina, il cambio del sondino ecc., le chiesi se invece di qualche fine settimana ogni tanto poteva autorizzarci a portare a casa per più tempo tutta la macchinetta con l’occorrente per più giorni, la vicinanza dei fratelli e dell’ambiente famigliare faceva molto bene a Maria Gloria che diventava più allegra e reattiva e anche a tutti noi eravamo molto più sereni e sollevati.

La dottoressa ci autorizzò per qualche prova e vedendo i buoni risultati, soprattutto medici, ci fece fornire di una macchina più piccola e di tutto l’occorrente, finché, dopo diversi mesi ancora inventai un piccolo zainetto con batterie e medicinali e finalmente, con Maria Gloria che aveva ormai più due anni, facevamo persino delle uscite di famiglia per passeggiare in spiaggia, sul lungomare o andare tutti insieme al Cinese che piaceva tanto ai ragazzi o in pizzeria.Ad ogni pasto tutti insieme, in casa o fuori, sia noi genitori che i fratelli, per gioco o per speranza, spezzettavamo piccole quantità di cibo e imboccavamo Maria Gloria, che divertita e impiastrandosi tutta giocava a “mangiare”, sperimentava sapori e odori, scopriva cosa provavamo noi nel mangiare insieme.

Al suo terzo anno di età, in uno dei rientri in ospedale, Maria Gloria riconsegnò il suo zainetto alla dottoressa sbalordita e gli spiegammo che per noi non serviva più, avevamo iniziato a farla mangiare in modo autonomo, prima continuando a tenere anche il tubicino di sostentamento naso gastrico, poi diradando sempre più le ore senza, facendola mangiare e bere spesso e facendo attenzione al peso e alla sua reattività.

Dopo lo stupore della dottoressa e ancora vari giorni di controlli, analisi e prove senza più il sondino, poi finalmente ci dimise dal reparto di gastroenterologia.Tra i vari ambulatori, visite e controlli, la prima dottoressa che ci disse finalmente qualcosa di questa “malattia”, fu la dottoressa Digilio: secondo lei poteva trattarsi della “Sindrome di Noonan”, una rara malattia genetica di cui si sapeva poco o niente.

Per noi e per qualsiasi altro medico non ci diceva nulla questo nome, ma almeno iniziammo a informarci e sempre di più scoprimmo che 18 anni fa la dottoressa aveva ragione e ancora oggi è con lei che facciamo i controlli genetici annuali.

Diventerebbe molto lungo raccontarvi tanti particolari della nostra esperienza con Maria Gloria, ma è per noi evidente quanto è lei che ci ha aiutato a crescere, noi genitori, i fratelli e la sorella che hanno dovuto dare una grande accelerata alla loro infanzia per lei, ai nonni, ai parenti ed amici, Maria Gloria con la sua forza d’animo, pazienza, voglia di Vivere, ci fa vedere la vita con occhi nuovi…

Ha poi affrontato l’intervento al cuore e a tutti e due gli occhi, ai continui controlli, tutte occasioni per dire alla vita che non và mai sottovalutata e lei ce lo ricorda in ogni piccola conquista.Frequenta gli Scout da diversi anni e anche qui fa cose che noi non pensavamo potesse fare, le sue compagne e compagni di squadriglia ci dicono quanto è tenace nelle ore di cammino con zaino in spalla, vanno in canoa, ha fatto scuola di roccia, ha mille attenzioni per gli altri.

Da pochi giorni ha terminato gli studi all’Istituto Alberghiero di Anzio, diplomandosi con una bella valutazione.Noi non ci aspettiamo mai nulla da lei, ma è lei, Maria Gloria che ci stupisce continuamente con il suo “Amore alla Vita”.

Con lei vicino facciamo a tutti i “Guerrrieri” Noonan e alle loro famiglie tantissimi sinceri AUGURI per affrontare con Amore tutto quello che la Vita ci chiede, sapendo che se vogliamo non siamo mai soli, anche quando a noi non sembra.

Un grande abbraccio Nico, Katia, Maria Gloria!