Emanuela, vivace come il polline che ha atteso lunghi inverni.

Una storia da Varese…

Un dubbio…frasi incerte…domande aperte a cui anche i maggiori esperti non sapevano dare delle risposte, questo era quello che la mia famiglia e qualche anno dopo io, ci siamo trovati davanti.

Giugno 1987 nasce Emanuela una piccola bimba, subito le viene diagnosticato un problema cardiaco, i miei genitori non hanno potuto vedermi come tutti gli altri bambini e vista la gravità decidono quasi nell’immediato di trasferirmi in un ospedale di Milano; questo momento è stato ricco di emozioni positive, ma anche negative perché non si sapeva il mio destino. Non si sapeva nulla!

Le corse in ospedale, i giorni che passavano, le ore infine in attesa di una risposta, di sapere cosa mi sarebbe accaduto.

Non si sa come i giorni sono diventati mesi e i mesi, anni;  la mia infanzia è passata tra un controllo e un altro ancora, esperti che mi visitavano, i controlli per fortuna li assegnavano con sempre più distanza, ma qualcosa non andava, dubbi che non avevano delle risposte.

Emanuela non stava bene, gli inverni erano lunghi e faticosi perché le semplici influenze erano otiti e bisognava intervenire per non farle diventare polmoniti e anche” i raffreddori duravano nove mesi l’anno”, parole di mia mamma che non dimenticherò mai, “perché Emanuela non guarisce?”, si chiedeva alla Dottoressa, ma nulla, non c’era risposta, allora si aspettava che arrivava l’estate così Via al mare, Emanuela li stava benissimo, giocava e finalmente respirava!

Gli anni passano le difficoltà della vita non ti lasciano, ma anzi si aggiungono ai problemi, Emanuela cresceva e si aggiunge il problema alla pelle, macchie rosse inspiegabili, allergie agli occhi improvvise, orticarie di varie entità, fino a che si è incontrato un medico che dopo uno sfogo della mamma visto il periodo lungo e intenso e l’ultima proposta dell’ultimo medico che voleva darle tre mesi di cortisone e qui vi lascio pensare… si fa consegnare tutti gli ultimi accertamenti da mia mamma e ci lascia per spostarsi in un’altra stanza, dopo una buona mezz’ora ritorna e ci consegna un foglio bianco e con scritto una quesito per la genetica: “Sindrome di Noonan?”

Andiamo in genetica, la Dottoressa chiede di visitare Emanuela e come sempre lei acconsente, ma era stanca di tutte queste mani a dosso, possono dare fastidio…  dopo cinque mesi Emanuela riceve una telefonata dall’Ospedale di Varese, il referto della genetica è pronto, così insieme alla mia famiglia andiamo e ci viene detto che Emanuela aveva la Sindrome di Noonan “de novo” e il gene in questione era il SOS1, per come stava procedendo e la vita che aveva condotto fino a questo momento era andata abbastanza bene, ma doveva stare attenta ad alcune dettagli e visto che l’Ospedale di Varese non era accreditato ci hanno mandato al Policlinico di Milano dove potevano certificare e approfondire alcuni aspetti che non erano stati approfonditi e che la Sindrome può colpire.

Al Policlinico mi hanno fatto molte domande, soprattutto nello studio e qualsiasi difficoltà che avevo avuto, i controlli li devo sempre fare ma sono più mirati e inquadrati in un quadro clinico più definito questo porta ad Emanuela un maggior tranquillità anche nell’affrontare le nuove sfide della vita.