Paola M. è un’insegnante appassionata e fra i suoi studenti ha incontrato un ragazzino noonan.
Da qui ha avuto modo di conoscere la sindrome, la realtà associativa e tutto il mondo che vi gira attorno.
Con generosità, Paola ha regalato all’Associazione due suoi componimenti:
Sottiletta è una tartaruga che un giorno sceglie di lasciare il suo mondo, sicuro e conosciuto, tutto raccolto in un elegante giardino di città.
Pettirosso è un uccellino semplice e ciarliero.
Il loro incontro significherà cambiare il punto di vista, conoscersi, accompagnarsi lungo il cammino.
La storia di Sottiletta e Pettirosso è la storia di un incontro fortunato. Entrambi scopriranno qualcosa di nuovo su di sé e, come accade nei momenti magici della vita e delle favole, riusciranno anche a dirselo.
E’ la parola l’incanto, e gioia il donarla. Senza tradire l’essenza delle proprie radici e la bellezza dell’incontro: Sottiletta riposerà nella sua tana di terra umida, pettirosso saltellerà intirizzito nel freddo invernale da un ramo all’altro, però vicini.
Tra cielo e terra. Briciole e sogni
Era proprio stanco di starsene chiuso in giardino, nonostante fosse uno dei più belli che avesse mai conosciuto. Lo spazio non mancava e nemmeno la compagnia, ma quel giorno Sottiletta decise di andarsene.
Strizzò l’occhio all’ultima arrivata, strinse la zampa al più anziano, mangiò l’ultima foglia di tarassaco e sgusciò sotto al cancello. Il passaggio era noto, avevano deciso di non usarlo se non per casi estremi. Ogni volta che qualcuno si allontanava da casa, la famiglia si agitava e finivano per darsi la colpa l’un l’altro: “Hai dimenticato il cancelletto aperto – ma come è possibile – quante volte ti ho detto che …”. Era così triste vedere le persone litigare che era stato deciso di evitare la fuga. Sempre, tranne quel giorno.
Prese la via del campo al finire dell’estate, senza pensare che trovare una nuova tana avrebbe richiesto tempo.
Cammina cammina, si imbatté in un vecchio contadino che pensò subito di catturarlo.
Il solito furbone – pensò – crede di aver trovato un tesoro. Adesso mi nasconderà sotto la giacca e mi porterà nell’orto con galline e maiali.
Fortuna volle che il contadino fosse così vecchio da non riuscire a piegarsi fino a terra. Sgattaiolò via più veloce del mal di schiena e continuò il suo cammino.
La notte gli faceva un po’ paura, ma trovava sempre una civetta che con i suoi occhioni gialli indicava la via e quando la stanchezza si faceva sentire gli augurava “sogni d’oro”.
Un giorno un temporale spazzò via le foglie dal bosco e il sentiero si trasformò in un torrente in piena. Trasportato dalla forza della corrente a pancia in su, Sottiletta chiuse gli occhietti rugosi e sperò nella buona sorte.
Quando li riaprì in cielo brillava l’arcobaleno. Con un piccolo sforzo si raddrizzò, tornando a camminare con le sue forti zampe. Stanco e affamato, non capiva quanto tempo fosse passato, ma sentiva sulla pelle che il vento pungeva e chiamava l’inverno.
–Se non mi sbrigo a trovare un riparo trascorrerò l’inverno più triste della mia vita. Non deve accadere, allora sarebbe stato meglio rimanere nel giardino con il cancello –
E mentre parlava si accorse che un uccellino lo stava osservando con il capino leggermente piegato.
“Beh, c’è qualcosa che non va?
Il pennuto scosse il capo.
“Cosa fai durante l’inverno?”
Per riposta, l’uccellino aprì le ali come dire – non ci ho mai pensato–
“Senti freddo?”
“Un po’ ”, rispose il piccolo.
“E come ti ripari durante l’inverno?”
“Cerco un albero, possibilmente vicino ad una casa, così posso trovare qualche briciola per terra al mattino. Se vuoi, puoi venire con me, siamo in tanti ma faremo un posticino anche per te. E’ un albero di città, nulla a che vedere con i meravigliosi alberi del bosco, ma io sono nato qui e sono ancora troppo piccolo per volare lontano.
Scusa, ma … dove sono le tue ali?”
“ Accipicchia, -pensò Sottiletta – se gli dico che non ho le ali mi pianta in asso, siamo così diversi … “
Si avvicinò di qualche passo e:
“Vedi, tu hai due zampette ed io quattro. Il tuo corpicino è coperte di morbide piume ed io invece mi porto sulla schiena questa dura corazza. Il tuo petto è delicatamente colorato di rosso, il mio invece ha il colore della terra. Ci sono ancora mille altre differenze, la più evidente è che io non posso volare”.
“Ma io posso camminare|”.
E cinguettando continuò:
“E piano piano posso accompagnarti al giardinetto dove si trova l’albero che mi ripara durante l’inverno. E’ un giardino veramente piccolo, ma c’è una pace celestiale. Trovi sempre da mangiare: briciole mele zucche fiori mandorle insalata e le persone che ci abitano sono proprio gentili. Ti salutano al mattino, e alla sera ti danno la buonanotte. Non gridano, sono tranquille e sorridono, anche quando si capisce che hanno il cuore un po’ triste. Perché, l’ho imparato a forza di osservarle, anche la tristezza passa. Forse la signora è un po’ distratta, ma anche se perde la chiavi o rompe qualche bicchiere per noi non è un problema, vero?”
Il vento gli stava ormai addormentando la pelle, aveva bisogno di un po’ di terra per l’inverno. Quelle parole l’avevano quasi persuaso.
“Ma c’è un cancelletto?”
“Certo, con uno spazio di fuga di 5 centimetri”.
Quei 5 centimetri convinsero Sottiletta. Se non si fosse trovato bene, avrebbe sempre potuto riprendere il suo cammino.
“Ok, ti seguo”.
Quando arrivarono sulla soglia del giardinetto si guardarono intensamente. Era trascorsa una stagione intera e si sentivano molto stanchi. Per entrambi era stata la passeggiata più lenta e silenziosa della loro vita.
Gli occhi vispi dell’uccellino cercarono le fessure color terra del compagno di viaggio.
“Come stai? Te la senti di entrare? Vuoi pensarci un attimo?”
Sentiva gli occhi ormai chiudersi, avrebbe desiderato salutare i suoi amici prima del grande sonno, ma sapeva che non sarebbe stato possibile.
Si spinse sotto al cancelletto, annusò la terra e si lasciò andare alla tenerezza.
“Caro Pettirosso, sei un cuore d’oro. Ti ringrazio per avermi accompagnato fino a qui, da solo non ce l’avrei mai fatta. Mi sembra un meraviglioso giardino, piccolo ma sincero. Trifoglio e tarassaco sono i miei fiori preferiti, sembra quasi che mi stiano aspettando. La terra ha proprio il sapore che piace a me e tutte queste foglie mi permetteranno di farmi un letto da re”.
L’uccellino che con i suoi simili litigava un giorno sì e un giorno no, per un ramo un vermiciattolo una briciola, a sentire quelle parole si inorgoglì a tal punto che le piume del petto si colorarono di un rosso più acceso. Piegò la testolina fino a raggiungere la guancia dell’amico e appoggiò lieve lieve il becco.
“Sono felice. Vedrai, ti piacerà un sacco e poi a primavera ci ritroveremo. Non avevo ben capito chi eri ma il lungo cammino insieme mi ha convinto”.
“ Buon letargo, arrivederci!”
“Buon inverno, a presto”- rispose Sottiletta – allungando appena il capo da sotto la corazza.
Arrivò l’inverno e con lui neve e pioggia, vento e ghiaccio.
Tra cielo e terra. Briciole e sogni.
DI MARE LONTANO (Indovinello)
Scivolai nel taschino, sentivo il suo cuore battere.
Battere battere quando correva, tremare quando si spaventava forte, gioire quando esultava per un goal, per un’amichetta incontrata al parco, per il dolce della mamma.
Non avrei mai pensato di poter ascoltare tanto.
Un cuore che batte. I discorsi con gli amici, e le riflessioni più serie riservate solo all’amico del cuore e i sogni, ripetuti a voce bassa, ogni sera, prima di addormentarsi.
Un giorno di settembre incontrò una personcina, carina.
Avvicinò la mano al cuore, sentii che mi prendeva e le parole “Chiudi gli occhi”.
Li chiusi, un po’ ero spaventata: non potevo capire bene quale onda sarebbe arrivata.
Mi ritrovai sul palmo caldo di una mano gentile, dono per sempre.
Cosa sono?